Juana Romani,
modella e pittrice nella Parigi fin-de-siècle.
Figura emblematica della Parigi di fine XIX secolo, Juana Romani è una delle pittrici più conosciute ed affermate della sua epoca. I suoi ritratti di donne, ispirati alla letteratura e alla storia, testimoniano una ricerca incentrata sulle figure femminili che, in un’estetica simile a quella dei preraffaelliti e prossima al simbolismo, appaiono come una presenza enigmatica, spesso sensuale e perturbante. I critici e il pubblico europeo ne elogiano le qualità tecniche improntate sulla solida conoscenza della storia della pittura occidentale, riconoscendo in Juana un’estrema capacità di sintesi nel narrare realisticamente i corpi delle proprie modelle e nel dipingere, con tocco impressionista, i loro abiti fatti da tessuti riccamente decorati, a richiamo dell’Oriente e di un passato ‘ricucito’ a mo’ di capriccio.
Questa attenzione al corpo femminile – dalla bambina alla donna matura – nasce dalla sua esperienza di modella professionista durata circa per tutto il decennio degli anni Ottanta,
momento stesso della sua formazione presso gli atelier di Jean-Jacques Henner e Ferdinand Roybet, probabilmente «l’atelier des dames» e l’Académie Colarossi. La frequentazione degli studi dei pittori e scultori parigini – luoghi di formazione e socialità – le permette di entrare in contatto con un mondo che favorirà e sosterrà il suo ingresso negli eventi artistici ufficiali come il Salon (Société des Artistes Français) per il quale espone dal 1888 al 1904, le esposizioni universali (Parigi, 1889 e 1900; Mosca, 1891; Anversa, 1894) dove vince, nella sezione italiana, la medaglia d’argento (1889) e le mostre all’estero e nella provincia francese. All’attività di pittrice di soggetti simbolici, Juana accompagna quella di ritrattista delle signore della borghesia e delle famiglie dell’aristocrazia europea come i Murat e i Rothschild.
Adolphe Lalauze, Éveil (da Carolus-Duran), acquaforte, 1888, Archivio Romani.
Pierre Petit, Juana Romani per le figurine dell’Album Felix Potin, foto ai sali d’argento, 1907, Archivio Romani.
Pur distante dall’associazionismo femminile, in un momento di forte dibattito suscitato dal movimento femminista, Juana riesce, con la forza della propria personalità eclettica e carismatica, ad affermare la sua presenza di pittrice professionista autonoma in un sistema prettamente maschile, vedendosi riconosciuto l’ampio consenso del pubblico e l’attenzione delle istituzioni: L’Infante (1894) e Fior d’Alpe (1896) entrano, infatti, nel Musée des beaux-arts di Mulhouse in Alsazia, mentre Primavera (1894) e Salomé (1898) sono acquistate dallo Stato francese. Le sue opere vengono largamente riprodotte sulla stampa europea e la sua stessa figura di pittrice affermata, attenta alla moda contemporanea, diviene il veicolo per pubblicizzare prodotti commerciali. La passione per la letteratura e l’arte si uniscono all’amore ideale per l’Italia che, malinconicamente, la accompagna nel suo ‘esilio’ parigino: Juana Romani nasce infatti a Velletri, città nei pressi di Roma,
dirimpetto alle Paludi Pontine – nel 1867, con il nome di Giovanna Carolina Carlesimo.
Figlia di Anna Maria Manuela Schiavi di Gallinaro e Giacinto Carlesimo di Casalvieri – una sarta e un brigante del basso Lazio – Juana si trasferisce a Parigi nel 1877 con sua madre e il patrigno Temistocle Romani, membro di un’antica famiglia originaria della Repubblica di Venezia, che le fornirà l’educazione e la cultura che ne agevoleranno l’ingresso nell’ambiente degli intellettuali e artisti parigini. Italia che Juana continuerà a celebrare attraverso la rappresentazione delle sue eroine del passato e a cui rimane legata grazie alla forte presenza nella capitale francese della comunità italiana di modelli immigrati, molti dei quali suoi parenti provenienti dal Val di Comino. I suoi viaggi in Italia e la visita a Velletri il 21 ottobre 1901 come artista acclamata a livello internazionale, che vede la presenza dell’amico e allievo Antoine Lumière, padre degli inventori del cinematografo,
del poeta Trilussa ed altri personaggi illustri, risalderanno il suo legame con la terra d’origine. La locale Scuola d’arte e mestieri viene titolata con il suo nome (1901), mentre la pittrice promette al comune di Velletri la creazione di una galleria d’arte contemporanea dove esporre le proprie opere e quelle di Roybet: il progetto non vedrà mai la luce e sarà parzialmente realizzato a Courbevoie nel 1951 per volontà testamentaria della pittrice e amica Consuelo Fould che legherà al comune francese la propria collezione, fondando di fatto il Musée Roybet Fould. La parabola ascendente della carriera di Juana Romani si arresta bruscamente nel 1903 a causa dell’insorgere di disturbi psichici che la porteranno a diversi ricoveri in Italia (Sanremo, Torino), per le cure idroterapiche in Piemonte (Andorno), fino al definitivo internamento nel 1906 nella Maison de Santé Esquirol a Ivry-sur-Seine. Morirà nella casa di cura di Suresnes nel 1923, città in cui viene seppellita.
Goupil&Cie, Mina da Fiesole (da Juana Romani), fotoincisione acquarellata, 1899, Archivio Romani.
Ad. Braun&Cie, Portrait de mlle Emmanuella de Luynes (da Juana Romani), foto ai sali d’argento, 1903, Archivio Romani.